tramonti e solitudine

I viaggi sono parte integrante del nostro lavoro. Costantemente sospese a un metro da terra, in un sedile -sempre il solito, di un qualche pullman; tra le nuvole, tra chi lotta per le uscite d’emergenza, chi vuole il finestrino, chi -come me- preferisce il lato corridoio. Negli anni ho provato in diversi modi a raccontare dei nostri viaggi, senza riuscire mai a trovare una modalità che mi convincesse. Allora ho deciso di provare a mischiare, mettendoci parole e immagini che catturo silenziosamente, nel tentativo di non essere indiscreta ma lasciandomi guidare dalle mie passioni.

Quanto può essere difficile documentare una ripetizione di eventi senza essere ripetitivi? Non lo so. Ma lo prendo come una sfida, artistica e morale, di riuscire a scovare qualcosa di diverso ad ogni nostro spostamento.
E parto da ora. Da questa settimana che racchiude tre viaggi, un sacco di kilometri, andando a Campobasso, poi a Landes passando per Parigi, per finire con Lucca.

Partenza ore 11:00 da Schio, o almeno così dice il programma, eppure qualche ritardatario c’è sempre: un plico di documenti che arriva proprio all’ultimo momento, un passaggio a livello chiuso, la macchina che non si accende, la dimenticanza del passaporto. Un modo come un altro, insomma, per dire “Ho letto il programma, ma l’orario lo decido io”. Chi è in orario comunque è felice, sa che nel prossimo futuro ci saranno camion di paste che arriveranno ad allenamento: mangiare ci piace, quindi supportiamo i ritardatari.

Dopo poco che partiamo ho già scattato 80 foto a Jas: è l’unica che vedo dal mio posto, è seduta proprio accanto a me, e dopo tre anni ormai conosco a memoria anche tutte le posizioni che s’inventa per incastrarsi nei sedili e dormire. Oggi però, almeno inizialmente, ha deciso di dedicarsi alla lettura, come la maggior parte di noi. C’è chi legge, chi ascolta musica e si perde nei pensieri, chi scrolla su Instagram e poi c’è Astou…che parla al telefono.

Quando lasciamo la Valdastico per prendere l’A4 mi rendo conto che stiamo andando in direzione Milano. Penso tra me e me “che palle, anche oggi partiamo da Bergamo”. Scrivo a Kim che è 4 sedili più avanti di me, e le chiedo perché non mi avesse detto che partivamo da Bergamo. “Perché hai un programma che dovresti leggere, e comunque partiamo da Verona.”

Insomma: sono sul pezzo.
In aeroporto la cosa che si teme di più sono le code ai check-in e poi ai controlli di sicurezza, ma oggi come per magia non c’è nessuno: Check-In fatto in due minuti, controlli passati in 30 secondi, e caffettino.
Cocca tira fuori le carte da Uno, mi guarda per chiedermi se gioco. Lo sa già che io a carte non ci gioco mai: mi esce lo spirito competitivo, e se perdo m’incazzo. Conscia di questo, ho preso la saggia decisione di evitare sempre i giochi da tavolo. Mi concedo ogni tanto una “Scopa All’Asso” con la mia famiglia, ma vi spoilero che non finisce mai bene: prima di cominciare a giocare nascondiamo i coltelli.
Non so chi vince a Uno, forse Cocca. Kim spinge per la rivincita, mischia le carte ed è pronta, ma Crippi si dilegua e cerca un bagno, Best pensa a come nascondersi per perdere il volo e Cocca sta ancora festeggiando per aver vinto la prima partitella. Kim lancia le carte e si alza: anche a lei non piace perdere. Jas ride.


Nel bus che va al aeromobile parte un momento amarcord, dove escono ricordi di stagioni passate con eventi annessi: gente che si sente male in aereo, compagne che perdono voli, qualcuna che durante l’allenamento prende e se ne va a casa senza dire nulla a nessuno. Dovremmo scrivere un libro, ce ne sarebbero tante da raccontare. Nel mentre Marina si diverte a venirmi addosso con lo zaino, facendo finta di non vedere che mi sta urtando. Alla terza volta rispondo all’urto, e le cade il sacchetto con patatine e biscotti. Ha fatto rifornimento, alla fine non si sa mai dove si capiterà.
Il volo fila liscio, seduta accanto a Petros che lavora a una partita che giocheremo tra 5 mesi. Nel dubbio si prende avanti, si sa mai che il tempo scorra più veloce del previsto.

La cosa peggiore quando prendiamo un volo è che quando atterri pensi di essere arrivato. Invece il più delle volte hai solo fatto un pezzo di viaggio, e ti manca il resto. Nel nostro caso, ci aspettano altre due ore e mezza di pullman, in una strada che mette a dura prova lo stomaco, ma che regala sempre dei tramonti incredibili.

Nelle tre volte che sono venuta a Campobasso ho sempre avuto la fortuna di perdermi in un cielo talmente bello da voler trovare la canzone giusta, come una colonna sonora che ti accompagni i pensieri e ti culli nella bellezza indomabile della natura.
Dal sedile di un pullman si possono vedere milioni di cose, nel silenzio di una squadra che viaggia tra luoghi sconosciuti, immaginando di vite che non sono la nostra. Ma più di tutto quando viaggi

arrivi a toccare una parte di te che ti fa sentire sola anche dentro a un bus pieno di persone. È una sensazione strana, che -almeno a me-capita di provare solo mentre viaggio con la squadra.
Alla fine, alle ore 18:47, arriviamo in hotel. La giornata però per noi deve ancora iniziare, perché ora abbiamo giusto il tempo di appoggiare le valige, e poi andare ad allenarci. Le ginocchia scricchiolano, qualcuno ha ancora il sedile incollato alla schiena, ma alla fine sappiamo che fare una corsetta ci aiuterà anche a dormire meglio.

Almeno questo, l’esperienza ce l’ha insegnato.
Ora è tempo di spegnere le luci e andare a dormire. Abbiamo cenato, qualcuno ne ha approfittato per fare terapia visto che Astou non ne aveva bisogno, e adesso la stanchezza comincia a farsi sentire pesante. È mezzanotte, e domani si gioca.

Nelle tasche abbiamo un altro viaggio. Altri kilometri. Un sacco di pensieri nuovi, e cieli diversi. Seppur stancante, nel viaggio trovi quell’immobilità che ti permette di guardare il resto scorrere mentre tu, in silenzio, segui solo con lo sguardo.
Dicono tutti che non è la destinazione, ma nel cammino che c’è il vero segreto. Chiunque lo abbia detto, dev’essere stato qualcuno che dal finestrino ha visto il mondo passare. Qualcuno che nel viaggio ha saputo, ancora una volta, apprezzare la sua capacità di stare fermo.

Giorgia Sottana